Prima ti vende il veleno, poi l’antidoto. OpenAI, l’azienda il cui CEO da anni ci avverte che l’IA distruggerà posti di lavoro, ha annunciato una piattaforma per trovare lavoro… gestita dall’IA. Un capolavoro di marketing o una mossa sinistra per controllare il futuro del lavoro?
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Il paradosso del piromane-pompiere: la nuova piattaforma di OpenAI
La logica è impeccabile, se non fosse tragica. OpenAI ha annunciato il lancio di una nuova piattaforma per l’impiego, la “OpenAI Jobs Platform”, che userà l’intelligenza artificiale per far incontrare datori di lavoro e candidati. In pratica, si mette in diretta competizione con colossi come LinkedIn, che a sua volta sta già sperimentando con l’IA.
La mossa è tanto audace quanto surreale. Sam Altman, il CEO, avverte da anni che la sua stessa tecnologia è destinata a spazzare via intere categorie di lavori. Molti manager, galvanizzati da questa promessa, si sono apertamente vantati di voler sostituire il personale con agenti AI. E ora, l’azienda che ha innescato l’incendio si presenta con un estintore in mano, ovviamente alimentato dallo stesso carburante che ha causato le fiamme.
Fidji Simo, CEO delle applicazioni di OpenAI, ha ammesso candidamente il ruolo della tecnologia nel processo. “Crediamo che l’IA sbloccherà più opportunità […] ma sarà anche dirompente”, ha dichiarato a Bloomberg. “Anche se non possiamo eliminare la dirompenza, possiamo certamente aiutare più persone a diventare fluenti in IA e metterle in contatto con le aziende che necessitano delle loro competenze”. Insomma: creiamo il problema, ma vi vendiamo anche la soluzione.
“Ti tolgo il lavoro, ma ti certifico”: ecco come funziona il nuovo ecosistema
La “soluzione” di OpenAI non è solo una bacheca di annunci, ma un intero ecosistema pensato per rendere l’azienda indispensabile nel futuro del lavoro. Insieme alla piattaforma, infatti, lanciano anche le “OpenAI Certifications”, un programma di certificazione creato in collaborazione con giganti come Walmart per insegnare ai lavoratori come usare l’IA.
L’obiettivo è certificare 10 milioni di americani entro il 2030. E come verrà erogata la formazione? “Ovviamente useremo l’IA per insegnare l’IA”, ha spiegato Simo. Tutto avverrà dentro l’app di ChatGPT.
Il cerchio si chiude in modo perfetto:
- La nostra tecnologia (ChatGPT) rende obsoleto il tuo lavoro.
- Per non rimanere disoccupato, devi acquisire “competenze AI”.
- Ti offriamo noi la formazione per queste competenze, basata sul nostro prodotto.
- Ti certifichiamo, creando uno standard di mercato che dipende da noi.
- Infine, ti aiutiamo a trovare un nuovo lavoro sulla nostra piattaforma, che usa la nostra IA per il matching.
È una strategia di integrazione verticale talmente brillante da far venire i brividi. OpenAI non si limita a vendere un prodotto; sta cercando di diventare il nuovo gatekeeper del mercato del lavoro.
La retorica del “disturbo” contro la dura realtà del mercato
Mentre i vertici di OpenAI parlano di “opportunità” e di “dare più potere alle persone”, la realtà per chi cerca lavoro è già un incubo. Diversi studi hanno rilevato come l’IA stia già devastando il mercato del lavoro e rovinando le prospettive di carriera dei più giovani. Il processo di ricerca, già di per sé estenuante, è diventato un pantano di profili, curriculum e annunci di lavoro generati da chatbot, rendendo quasi impossibile distinguere il vero dal falso.
Inoltre, l’idea che l’IA sia pronta a sostituire gli esseri umani è spesso, come fa notare l’articolo originale, un modo più cupo per fare hype sulla tecnologia. In molti casi, l’IA non è affatto all’altezza, e le aziende che la adottano si ritrovano con un lavoro di qualità inferiore e sono costrette a richiamare in fretta e furia gli esseri umani per rimediare ai disastri degli algoritmi.
Una mossa geniale o una trappola per il mondo del lavoro?
Quindi, come interpretare questa iniziativa “benevola” di OpenAI? Non come un atto di altruismo, ma come una lucidissima strategia di mercato. Stanno trasformando una crisi sociale, da loro stessi innescata, in un’opportunità di business per cementare il proprio monopolio.
La narrazione è quella di voler “aiutare tutti, a ogni livello, a cogliere le opportunità”. La realtà è che si sta creando un sistema in cui per lavorare domani dovrai non solo saper usare l’IA, ma probabilmente *la loro* IA, con una certificazione rilasciata da loro, su una piattaforma gestita da loro. È un modo per concentrare ancora più potere e ricchezza verso l’alto, mascherandolo da iniziativa per l’equità sociale.
La domanda, quindi, non è se questa piattaforma funzionerà. La vera domanda è a chi servirà davvero: ai milioni di lavoratori spiazzati dalla “dirompenza” o all’azienda che l’ha scatenata?