In questo articolo
Diciamocelo subito: quando la tecnologia si scontra con la politica, specie in contesti delicati, le scintille sono assicurate. È successo in Albania, dove l’introduzione di “Diella”, un’assistente virtuale basata su intelligenza artificiale, come Ministro per gli Appalti Pubblici, ha scatenato un vero e proprio pandemonio in parlamento. La notizia, insomma, ci pone di fronte a interrogativi cruciali sull’intersezione tra innovazione tecnologica e principi democratici. Si è visto di tutto: dalle proteste in aula ai lanci di oggetti verso il Primo Ministro. Non è, evidentemente, un esordio dei più tranquilli per il primo funzionario governativo al mondo alimentato dall’AI.
Il debutto caotico di Diella: il ministro algoritmico albanese
L’ingresso di Diella, la cui “inaugural address” è avvenuta ieri, è stata accolta da un furore palpabile tra i banchi dell’opposizione. I video, diffusi da testate albanesi come Report TV, mostrano deputati che scagliano bottiglie e altri oggetti da scrivania contro il Primo Ministro Edi Rama e i membri del suo gabinetto. Un clima di tensione che ha segnato la prima sessione della nuova legislatura, dopo che precedenti tentativi di bloccare l’intervento dell’AI erano falliti. Una situazione, diciamocelo, che ci ricorda come la politica, nonostante i progressi tecnologici, resti profondamente umana, nel bene e nel male.
Nel suo “discorso” – se così si può chiamare l’intervento di un algoritmo – Diella non ha risparmiato critiche agli oppositori che ne contestavano la nomina su basi costituzionali: “Alcuni mi hanno definita ‘incostituzionale’ perché non sono un essere umano”, ha replicato il programma, con una punta di ciò che, forse, voleva essere ironia. “Lasciatemi ricordare, il vero pericolo per le costituzioni non sono mai state le macchine, ma le decisioni disumane di chi detiene il potere”. Una dichiarazione forte, che pur provenendo da un’entità non umana, solleva riflessioni profonde.

Un minaccioso fantasma della corruzione o una soluzione tecnocratica?
La questione non è certo banale. Il Partito Democratico albanese (PD), forza conservatrice all’opposizione, si scontra con il Partito Socialista al governo. Entrambe le formazioni hanno avuto a che fare con una corruzione diffusa fin dai primi anni ’90. In questo contesto, il Primo Ministro Rama ha presentato la nomina di Diella come una mossa per garantire che la logistica governativa diventi “trasparente al 100%” e “priva di corruzione”, specialmente per quanto riguarda tutti i contratti pubblici. L’obiettivo, si dice, è anche quello di migliorare la posizione dell’Albania per l’ingresso nell’Unione Europea. Ma è davvero credibile che un algoritmo possa risolvere problemi così radicati?
L’ottimismo di Rama non è condiviso da tutti. Sali Berisha, esponente del PD ed ex Primo Ministro, ha dichiarato: “L’obiettivo non è altro che attirare l’attenzione. È impossibile frenare la corruzione con Diella”. E poi, ha aggiunto una domanda che è tutt’altro che retorica: “Chi controllerà Diella? Diella è incostituzionale, e il Partito Democratico porterà la questione alla Corte Costituzionale”. Bisogna anche notare, per inciso, che lo stesso Berisha è stato coinvolto in un proprio scandalo di corruzione. La dialettica politica, insomma, non perde mai il suo “fascino” anche di fronte all’innovazione.
Diella, inizialmente, era nata come un assistente testuale per guidare i cittadini attraverso il portale e-Albania, una piattaforma di servizi elettronici. La sua componente “AI” è stata sviluppata dall’Agenzia Nazionale per la Società dell’Informazione (AKSHI) albanese, utilizzando un modello linguistico di Microsoft. Fino ad ora, il programma ha gestito solo flussi di documenti e informazioni. Se sarà all’altezza di affrontare autonomamente la complessità degli appalti pubblici di un intero paese di 3,1 milioni di abitanti, beh, questo è un altro paio di maniche.
IA e potere: le ombre sulla democrazia e la fiducia pubblica
Questa vicenda albanese, in pratica, ci porta dritti al cuore di un dibattito etico e sociale che sta diventando sempre più pressante: l’impiego dell’intelligenza artificiale in ruoli di potere e decisione. Sul nostro blog, abbiamo già parlato diffusamente dei principi e dell’etica del giornalismo nell’era dell’AI, sottolineando l’importanza della trasparenza e della responsabilità. Qui, la posta in gioco è ancora più alta: si tratta della sovranità, della costituzionalità e della fiducia dei cittadini.
Come ben sappiamo, il giornalismo ha il compito di essere un “cane da guardia del potere”, un ruolo vitale per la tenuta democratica. Se un’AI assume funzioni ministeriali, chi è il responsabile ultimo delle sue decisioni? E come si garantisce un controllo democratico su un algoritmo? Il rischio di bias algoritmici – cioè che l’AI perpetui o amplifichi pregiudizi esistenti nei dati di addestramento – è concreto e mina l’ideale di giustizia e imparzialità. La tentazione di vedere nell’AI una soluzione “pura” e “oggettiva” alla corruzione potrebbe, paradossalmente, creare un sistema di controllo meno trasparente e più difficile da scrutinare rispetto a quello umano.
Le teorie del complotto, spesso alimentate da una profonda sfiducia nelle istituzioni e nelle élite, trovano terreno fertile in situazioni come questa. Non è difficile immaginare come la nomina di un ministro AI possa essere percepita da alcuni come l’ennesima prova di una “cabala segreta” o di un “Deep State” che manipola il governo, come descritto nell’analisi sulla psicologia delle comunità complottiste. Questo rischia di erodere ulteriormente la fiducia pubblica, creando un divario ancora più grande tra i cittadini e le istituzioni.
La vera sfida, insomma, non è solo tecnologica, ma profondamente politica ed etica. Come possiamo integrare l’AI nei processi decisionali senza sacrificare i principi democratici di rappresentanza, responsabilità e trasparenza? È una domanda che l’Albania, e con essa il mondo intero, dovrà affrontare con grande cautela e un sano spirito critico.