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La bolla dell’IA è 17 volte più grande di quella dot-com. E stavolta, se scoppia, ci travolge tutti

Un analista lancia l’allarme: gli investimenti in intelligenza artificiale sono sproporzionati e basati su promesse vuote, superando di gran lunga le crisi finanziarie del passato. Un paragone con i mutui subprime del 2008 che fa venire i brividi.


 

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Un’incudine da miliardi di dollari sospesa sull’economia

Parliamoci chiaro. Sentiamo parlare da mesi della “bolla dell’intelligenza artificiale”, di questa enorme massa di centinaia di miliardi di dollari che pende sulla testa dell’industria tecnologica come un’incudine in un cartone animato. Ma a differenza del cartone, questa incudine non solo non cade, ma diventa ogni giorno più grande e pesante. E se dovesse cadere, a essere schiacciati non saremmo solo noi, ma l’intera economia globale.

La situazione è talmente grave che, a confronto, le crisi finanziarie che hanno segnato la nostra storia recente sembrano quasi un gioco da ragazzi.

I numeri del disastro: altro che bolla dot-com

Secondo una nuova, terrificante valutazione di Julien Garran, analista della società MacroStrategy Partnership, la bolla speculativa sull’IA ha raggiunto dimensioni che dovrebbero farci sussultare. I dati sono impietosi:

  • La bolla dell’IA è oggi 17 volte più grande della famigerata bolla dot-com di fine anni ’90, quella corsa forsennata alle azioni tech legate a internet.
  • Ancora peggio, la ricchezza intrappolata nell’hype dell’IA è oltre quattro volte superiore a quella della bolla dei mutui subprime, che nel 2008 ha scatenato una crisi economica mondiale durata anni.

C’è una differenza fondamentale rispetto al passato. Lo scoppio della bolla dot-com, per quanto doloroso per gli investitori, ebbe un impatto minimo sulla crescita del PIL statunitense. Stavolta è diverso. Dopo anni di hype sfrenato, gli investimenti in IA rappresentano una fetta enorme della nostra crescita economica. Se crolla l’IA, crolla tutto il resto.

Il grande bluff: investimenti colossali per un valore commerciale quasi nullo

Il paragone con la crisi del 2008 è calzante. Allora, gli investitori si gettarono a capofitto in un mercato immobiliare drogato, basato su mutui ad altissimo rischio (“tossici”) impacchettati e venduti come sicuri. Oggi, l’IA assomiglia pericolosamente a quei mutui subprime: finora ha dimostrato un valore a lungo termine quasi nullo, come nota lo stesso Garran.

Il problema di fondo, ha spiegato l’analista a MarketWatch, è che con l’IA “non si può creare un’app con valore commerciale, perché o è generica [come nei videogiochi], e quindi non venderà, o è una rigurgitazione di contenuti di pubblico dominio [come per i compiti a casa], o è soggetta a violazioni di copyright”.

A tutto questo si aggiunge un marketing difficile – basta vedere le pubblicità di startup IA a New York imbrattate da graffiti ostili – e costi che crescono in modo esponenziale a fronte di guadagni in capacità sempre più marginali.

Il punto di non ritorno: quando e come scoppierà la bolla?

Cercare di prevedere cosa farà scoppiare la bolla è un esercizio futile. Ma una cosa è chiara: abbiamo già superato il punto di non ritorno. Secondo Garran, il momento della verità arriverà quando gli sviluppatori di modelli linguistici si renderanno conto di aver toccato un muro invalicabile. “Se rilasciano un modello che costa 10 volte di più, usando probabilmente 20 volte più potenza di calcolo del precedente, e non è molto migliore di quello che c’è già, allora avremo colpito un muro”.

L’avvertimento dell’analista è cupo: anche senza l’IA, l’economia sta già rallentando a passo d’uomo. È solo questione di tempo prima che la crescita esplosiva del settore tecnologico inizi a invertirsi, proprio come accadde durante la bolla dot-com.

Data la dimensione della minaccia, sembra che il momento migliore per far scoppiare questa bolla fosse ieri. Il secondo momento migliore, forse, è proprio adesso.