In questo articolo
Quando si parla di critiche al mondo della tecnologia, pochi sono così cinici — e, bisogna ammetterlo, preveggenti — come lo scrittore di fantascienza e giornalista Cory Doctorow.
La sua miscela di critica tecnologica e analisi di classe lo ha portato più volte a essere sulla cresta dell’onda nel commentare la nostra società tecno-capitalista. In un certo senso, i suoi affondi su argomenti come l’enshittification (un termine che ha coniato per descrivere il progressivo degrado delle piattaforme online) hanno aperto la strada a un giornalismo più critico verso la tecnologia, come quello che vediamo oggi su testate come Tech Policy Press o 404 Media.
Nel bene e nel male, le intuizioni di Doctorow si sono spesso rivelate uno specchio necessario per riflettere sul nostro complicato rapporto con le multinazionali del tech. E ora, in un recente saggio pubblicato sul suo blog Pluralistic, lancia un allarme pesantissimo: l’imminente collasso dell’industria dell’intelligenza artificiale. Un disastro finanziario alimentato dall’hype che, secondo lui, è ormai troppo tardi per evitare.
Un critico visionario o un profeta di sventura?
Nel suo saggio, Doctorow racconta una conversazione avuta con uno studente universitario dopo una lezione sulla bolla dell’IA, in cui ha ribadito come gli investimenti in questo settore stiano, di fatto, sostenendo artificialmente l’economia statunitense.
«Quindi, sta dicendo che un terzo del mercato azionario è legato a sette aziende di IA che non hanno modo di diventare redditizie e che questa è una bolla destinata a scoppiare, trascinando con sé l’intera economia?», gli ha chiesto lo studente, spaventato.
«Sì, esatto», ha risposto il critico.
«Ok, ma cosa possiamo fare al riguardo?»
Una bolla che tiene in piedi l’economia
La risposta di Doctorow è disarmante. La bolla, spiega, è sostenuta da mega-corporazioni tecnologiche che, vedendo rallentare il loro potenziale di crescita, stanno ora implorando gli investitori di salire a bordo. Per corteggiarli, i monopolisti vendono una bugia: l’idea che l’intelligenza artificiale possa sostituire i lavoratori umani. La realtà, però, è un’altra: gli esperimenti con l’IA stanno fallendo nel 95% delle aziende che ci provano.
«L’IA non può fare il tuo lavoro, ma un venditore di IA può convincere al 100% il tuo capo a licenziarti e a sostituirti con un’IA che non sa fare il tuo lavoro», scrive Doctorow. «Quando la bolla scoppierà, i “modelli fondamentali” che stanno bruciando soldi verranno spenti, perderemo l’IA che non sa fare il tuo lavoro, e tu sarai già sparito da tempo, riqualificato, in pensione o “scoraggiato” e fuori dal mercato del lavoro. E nessuno farà più il tuo lavoro.» Insomma, un disastro su tutta la linea.
L’IA è “l’asbesto della nostra società”
La metafora che usa è potentissima e fa riflettere.
«L’IA è l’asbesto che stiamo spalando nei muri della nostra società, e i nostri discendenti passeranno generazioni a rimuoverlo», continua.
Dato che questi investimenti sono già bloccati in una complessa rete di capitale finanziario, Doctorow sostiene che la cosa migliore — e l’unica — da fare sia «bucare la bolla dell’IA il prima possibile, per fermare tutto questo prima che vada oltre e per evitare l’accumulo di debito sociale ed economico.»
Bucare la bolla prima che sia troppo tardi
Far scoppiare la bolla, secondo lui, significa smantellare la sua base materiale: il mito secondo cui i grandi modelli linguistici possono fare il nostro lavoro. Dobbiamo smettere di credere a questa favola, perché è proprio questa a tenere in piedi l’intero castello di carte.
«La cosa più importante dell’IA non sono le sue capacità o i suoi limiti tecnici», conclude Doctorow. «La cosa più importante è la storia raccontata agli investitori e la conseguente mania che ha preparato una catastrofe economica che danneggerà centinaia di milioni, se non miliardi di persone.»
Il vero pericolo non è l’IA, ma la psicosi degli investitori
E qui arriva il punto cruciale del suo ragionamento, che condivido pienamente. Il problema non è una fantomatica superintelligenza che si risveglierà per trasformarci in graffette. Il pericolo, molto più concreto e imminente, sono «i ricchi con una psicosi da investitore in IA, che quasi certamente ci renderanno tutti molto, molto più poveri.»
Un avvertimento che suona tanto lucido quanto inquietante, e che ci costringe a guardare oltre l’hype per vedere la fragile, e potenzialmente esplosiva, realtà economica che si nasconde dietro l’intelligenza artificiale.