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Perché gli abbonamenti AI non possono costare 20€ al mese: la matematica che nessuno vi spiega

In questo articolo

 


 

Molti di noi si sono abituati a pagare un abbonamento fisso di circa 20 euro al mese per servizi di intelligenza artificiale come ChatGPT. Dietro questa apparente semplicità, si nasconde una scommessa economica che sta mostrando le sue prime, profonde crepe. L’idea diffusa, anche tra gli investitori, è che i costi dei modelli linguistici siano destinati a crollare, garantendo profitti futuri. Ma la realtà è molto più complessa e sta portando diverse aziende a un punto di rottura.

In questo articolo, esploreremo in modo semplice e chiaro perché il modello di abbonamento “tutto incluso” per l’IA è economicamente insostenibile e quali alternative si stanno delineando per il futuro di questi potenti strumenti.

L’illusione dei costi in calo: perché i modelli vecchi non contano

È vero, il costo per utilizzare un modello di IA come GPT-3.5 è diminuito drasticamente, anche di 10 volte rispetto al suo lancio. Questo ha alimentato la narrazione, promossa anche da importanti fondi di investimento come Andreessen Horowitz (a16z), secondo cui i margini di profitto delle aziende di IA siano destinati a esplodere.

Il problema è che nessuno vuole usare la tecnologia di ieri. Quando esce un nuovo modello “di frontiera” (il più avanzato disponibile, come GPT-4o o Claude 3 Opus), la domanda degli utenti si sposta quasi interamente su di esso, indipendentemente dal costo. Il prezzo dei modelli più avanzati, però, non sta crollando. Anzi, rimane relativamente stabile, perché rappresenta il costo vivo della tecnologia più performante del momento.

In pratica, è come se il prezzo di una Fiat Punto del 1995 calasse, ma nessuno la volesse più perché tutti desiderano l’ultimo modello di Tesla, il cui prezzo rimane alto. Vogliamo sempre la massima qualità possibile, e questa ha un costo che non sta diminuendo come sperato.

Il paradosso dei consumi: motori più efficienti su auto sempre più grandi

C’è un secondo, fondamentale problema. Anche se il costo per singola “unità di pensiero” (il “token”) non aumenta, la quantità di token che i nuovi modelli consumano per svolgere un compito è cresciuta in modo esponenziale. Le prime versioni di ChatGPT rispondevano a una domanda con una frase. Oggi, un’IA può pianificare, fare ricerche sul web, analizzare dati e scrivere un report di migliaia di parole, consumando una quantità di risorse computazionali 100 volte superiore.

Secondo uno studio di METR.org, la capacità dell’IA di completare compiti lunghi raddoppia ogni sei mesi. Questo significa che, anche con un costo per token stabile, il costo totale per singola operazione complessa sta aumentando vertiginosamente. È come usare un motore più efficiente per alimentare un camion sempre più grande: alla fine, il consumo totale aumenta.

Il dilemma degli abbonamenti: perché il modello “flat” è insostenibile

Questi due fattori – il prezzo stabile dei modelli migliori e l’aumento esponenziale dei consumi – rendono il modello di abbonamento fisso da 20 euro al mese matematicamente insostenibile. Un singolo utente “power user” che sfrutta appieno le capacità dell’IA può facilmente costare all’azienda molto più di quanto paga.

Lo ha dimostrato il caso di Anthropic con il suo prodotto Claude Code, che ha dovuto fare marcia indietro su un piano illimitato da 200 dollari al mese perché alcuni utenti consumavano risorse per migliaia di dollari. Le aziende si trovano in un “dilemma del prigioniero”: sanno che un prezzo basato sul consumo sarebbe più sostenibile, ma se un concorrente offre un piano “illimitato”, tutti gli utenti si sposteranno lì. Il risultato è una corsa al ribasso che porta a perdite finanziarie crescenti.

Quali sono le vie d’uscita? Tre modelli per un futuro sostenibile

Come se ne esce? Si stanno delineando tre strategie principali per rendere il business dell’IA sostenibile:

  1. Prezzi basati sul consumo (Usage-Based Pricing): È il modello più onesto, dove si paga per ciò che si usa. Tuttavia, è poco amato dai consumatori, che preferiscono la prevedibilità di un costo fisso. Probabilmente si affermerà nel mercato aziendale, ma difficilmente in quello di massa.
  2. Contratti aziendali ad alto margine (Enterprise Contracts): Invece di vendere a milioni di singoli utenti, ci si concentra su grandi aziende. I costi di vendita e implementazione sono altissimi, ma una volta che un’azienda integra profondamente uno strumento AI nei suoi processi, i costi per cambiare fornitore diventano proibitivi. Questo garantisce ricavi stabili e margini elevati.
  3. Integrazione verticale: Si usa l’IA come un prodotto “civetta” a basso costo (o addirittura in perdita) per vendere una suite completa di altri servizi ad alto margine, come l’hosting di applicazioni, la gestione di database e il monitoraggio. È la strategia di aziende come Replit, che puntano a possedere l’intero ecosistema di sviluppo, non solo l’assistente di scrittura del codice.

La comoda era degli abbonamenti “all-you-can-eat” per l’intelligenza artificiale sta probabilmente per finire. La prossima volta che vedrete un’offerta “illimitata”, sappiate che dietro si nasconde un’equazione economica che non torna, e che qualcuno, prima o poi, dovrà pagare il conto.